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Trieste – Mongolia

07 agosto 2009

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Guideremo tutta la notte e tutto il giorno, fermandoci solo per fare rifornimento e scambiarci alla guida. Gli ultimi 350 chilometri sono i più difficili, tutta strada di montagna. Facciamo parecchi passi sui monti Altai. A 100 chilometri dal confine di Tsagaanuur, la Panda di Stefano e Paolo rompe il supporto dell’ammortizzatore posteriore, lato guida. Lo smontiamo e procediamo egualmente. A parte questo problema, le Panda si sono comportate benissimo, finora. Arriviamo all’ultimo centro abitato, dopo quasi 1.400 chilometri e scopriamo che il confine chiuderà alle 18:00. Decidiamo di tentare di valicarlo l’indomani, alcuni dicono che il confine sarà aperto. Ceniamo in un tipico locale della zona con altri partecipanti inglesi del MongolRally.

06 agosto 2009

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Arriveremo al confine Kazakhstan/Russia verso le 16:00, ora locale. Nella terra di nessuno conosceremo Francois, londinese a dispetto del nome. Dovrà fermarsi lì per quattro giorni perché,scaduto il visto kazako, quello russo avrà decorrenza dal 10 agosto. Lì, in mezzo al nulla, senza nessun tipo di assistenza, con una tenda piantata sotto una insegna russa di benvenuto, una sedia, un libro e un po’ d’acqua. Da noi accetterà una scatoletta di tonno.

Ci metteremo 5 ore per entrare in Russia a causa di una burocrazia demenziale, criptica per gli stessi ottusi ed ignoranti funzionari di confine.

Ci fermeremo al primo caffè/albergo/ristorante russo, pochi chilometri dopo il confine, lì conosceremo 5 ragazzi inglesi, a bordo di un camion dei pompieri, comperato su E-Bay per 3.000 Sterline. Tutto rivestito di moquette rossa, non internamente, esternamente.

Ceneremo con loro e ci comunicheranno di aver ricevuto una email dall’organizzazione che comunicava loro che il confine di Tsagaanuur probabilmente rimarrà chiuso durante il week-end.

Questo per noi è un guaio, pensavamo di entrare in Mongolia proprio sabato. Decidiamo di metterci subito in marcia, alternandoci alla guida. Sono le 22:40, ora locale.

05 agosto 2009

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Alle 13:00 abbiamo i passaporti con i nuovi visti in mano. Salutiamo e ringraziamo tutti i presenti del Consolato italiano di Astana e ci dirigiamo verso Omsk. Come avevo già detto le nostre cartine non sono né complete né precise, pertanto chiediamo spesso informazioni lungo la strada.  Un poliziotto russo, invece di indicarci il più vicino confine di Omsk, ci farà deviare per Semipalatink, 300 Km più a Est. Tutto sommato non ci cambierà molto, fare 300 km verso Est in Russia o in Kazakhstan, per la nostra destinazione è eguale. Verso sera ci perdiamo per strade, stradine e campi. Chiediamo informazione a dei ragazzi del posto. Questi ci domanderanno da dove veniamo e, scoperto che siamo italiani, venuti in automobile fino lì, ci chiederanno di fermarci a cena con loro, in un bel locale lì vicino. Saranno molto gentili e curiosi e ci faranno un sacco di domande sul nostro Paese e sui noi stessi. Una volta salutati gli amici kazaki faremo ancora qualche chilometro per trovare un posto adatto al campo e ci fermeremo per la notte.

04 agosto 2009

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Una vicenda kafkiana.

Alla frontiera, come già vi avevo raccontato, ci avevano comunicato che non avevamo più il visto di uscita e che ci saremmo dovuti recare all’Ambasciata Italiana di Astana. Puntuali come una scadenza fiscale, in data e ora previste, siamo presenti in quei pochi metri quadrati di Italia presenti sul suolo kazako. Dopo una ragionevole attesa, uno di noi, io che scrivo, Paolo, viene accolto dal Cancelliere con incarichi estesi, Domenico. Questi è un signore siciliano, della provincia di Enna, intelligente, affabile, disponibile e apparentemente indolente nei modi, come quasi tutti i siciliani. Una persona di grande esperienza, ad un anno dalla pensione che sogna di ritirarsi nella sua amata Sicilia, per dimenticare i lunghi inverni di questa città che, i 35° sotto zero isolano dal resto del mondo. Esposto il nostro problema al Cancelliere questi si mette a pensare non a quale sia la giusta procedura tecnico/legale da attuare ma quale sia la persona giusta da contattare. Mi offre un caffè, rigorosamente con caffettiera e caffè italiani, dopo dieci giorni di thè è impossibile rifiutare. Scartabella un enorme raccoglitore di biglietti da visita ma ha già in mente una persona dell’ufficio immigrazione kazako che però non vuole disturbare al cellulare, perché convinto che è in ferie proprio in Italia. Chiede ad una segretaria di chiamare l’ufficio kazako competente e di farsi passare qualcuno. Parla in russo fluentemente ma il tono siculo non cambia, questo, unito a delle parole chiave, ormai impresse nella mia memoria, mi fa capire il contenuto della telefonata. Verso la fine della sua esposizione del nostro problema chiede notizie del suo amico kazako. Colpo di teatro, è appena rientrato dalle ferie. Chiude frettolosamente la comunicazione e si attacca al cellulare. Non lo trova. Un assistente prende la chiamata del funzionario kazako e risponde che è in riunione. Il Cancelliere mi chiede di pazientare, appena possibile mi comunicherà quello che si dovrà fare. Esco e metto al corrente i miei amici.

Dopo un’ora di attesa, il Cancelliere esce dall’ufficio e ci assegna una segretaria che ci faccia da interprete. Le donne kazake sono molto carine, curatissime, slanciate, flessuose, molto femminili, con lunghi e folti capelli nerissimi. Non portano mai un tacco inferiore ai 7 cm. Generalmente hanno lunghe gambe, fianchi non molto pronunciati e un seno ben proporzionato. I tratti somatici sono quelli asiatici, addolciti da incroci con razze tagike e uzbeche. Le bionde di stampo russo sono poche.

La segretaria a noi assegnata, trentenne di nome Karlan, non fa eccezione, è solo un po’ più bassa della media, più o meno 160 cm. Parla un buon italiano. L’accompagno al dipartimento consolare o ufficio immigrazione, come lo chiamano tutti. Scopriamo che il nostro contatto è in riunione, non si libererà prima dell’una. Sono le 11.30. Decidiamo di aspettare e chiediamo quando abbiano la pausa pranzo: dalle 13:00 alle 14:30. Aspettiamo comunque, forse saremo fortunati e uscirà qualche minuto prima. La scelta si rivelerà corretta, il funzionario lo incroceremo 5 minuti prima dell’una. Questi è un uomo basso, di corporatura media, sulla quarantina, dai modi decisi e spicci di chi non ha tempo da perdere. Si avvicina alla feritoia del vetro a specchio di un ufficio per il pubblico e con tono perentorio richiede dei moduli. Ce li consegna e spiega a Karlan quello che dovremmo fare. E’ un normale modulo di richiesta di visto. Ritorniamo all’ambasciata, compiliamo i moduli e andiamo a pranzo alla mensa interna. Alle 14:30 ritorniamo all’ufficio immigrazione con passaporti e moduli compilati. Ci dicono che non basta: hanno bisogno di un versamento di 60 dollari e di un verbale, come lo chiamano loro, che altro non è che una richiesta dell’ambasciata di estensione del nostro visto. Ritorniamo alla sede consolare, i funzionari sono tutti impegnati e dobbiamo attendere che si liberi qualcuno per farci questo verbale. Lo otteniamo verso le 16:00. Ci dirigiamo verso una sede della banca statale, unica abilitata a questo tipo di pagamento. Non potremmo pagare perché i dollari verranno riconosciuti come falsi della loro macchinetta per il controllo della valuta. Ci rechiamo in un altra sede. Non accettano il pagamento in dollari. Ci rechiamo ad un ufficio cambi e convertiamo l’equivalente di 60 $ in Tenghe. Sono le 17:15, l’ufficio immigrazione chiude alle 18:30. Ritorniamo alla seconda banca per scoprire che ha chiuso alle 17:00. Ci rechiamo ad un’altra sede, qui ci chiedono il RIM per effettuare il pagamento, l’equivalente del nostro codice fiscale. Deve essere il nostro, non possono o non voglio accettare di effettuare il pagamento con il rim di Karlan o quello dell’ambasciata. Per il rilascio del rim ci vogliono tre giorni. Chiamiamo il nostro uomo all’ufficio immigrazione e ci consiglia di recarci nella sede della banca statale centrale, dall’altra parte della città. Sono le 18:20. La coda è notevole, sul nostro biglietto rilasciato della macchinetta elimina-code c’è impresso il numero 976. Il pannello indica che stanno servendo il cliente con il numero 945. L’attesa non sarà troppo lunga, fortunatamente. Arrivato il nostro turno, Karlan spiega cosa vorremmo fare a una segretaria immusonita e scontrosa. Questa solleva ogni sorta di difficoltà, per il pagamento in dollari, per il rim e, finalmente quando Karlan la convince a mettere le mani sul terminale per effettuare l’operazione, ci chiede a quale dipartimento devono andare questi soldi. Non lo sappiamo e sul bigliettino lasciatoci dal nostro corrispondente non c’è indicazione alcuna. Lo chiamiamo, mentre Karlan, come un mastino, non si muovo dallo sportello. Il nostro uomo è occupato al telefono, attendiamo qualche minuto e riusciamo finalmente a parlargli e ci comunica quanto necessario. Nel frattempo molte persone ci sono passate davanti, Karlan riesce ad infilarsi di fronte alla segretaria e finalmente riusciamo fare l’operazione. La cosa curiosa è che l’impiegata della banca chiede a noi quale sia il cambio tenghe/dollari. Sono le 18:40, decidiamo di provare ad andare all’ufficio immigrazione comunque. Vi arriveremo alle 19:00 e troveremo una subalterna del nostro funzionario che ritirerà i nostri documenti, dopo averli controllati: c’è tutto. Domani, in mattinata, ci promettono che saranno pronti.

La burocrazia, unita all’indolenza dei funzionari ed impiegati di questo Paese, è demenziale. Senza l’aiuto dell’ambasciata e la determinazione di Karlan non ce l’avremmo fatta.

Karlan è soddisfatta di essere riuscita a cavarci d’impaccio e ci accompagnerà anche a cena. A lei, in particolare, va il nostro sentito ringraziamento.

Alcune foto

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Sorpasso a destra in autostrada. Lo so non si dovrebbe...

Tipica autostrada kazaka 1

Tipica autostrada kazaka 1

Tipica autostrada kazaka 2

Tipica autostrada kazaka 2

03 agosto 2009

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Ci svegliamo all’alba sotto una pioggia intermittente. In poco tempo le Panda sono già in strada. Attendiamo le 9:00 del mattino e chiamiamo l’ambasciata italiana ad Astana. Fissiamo l’appuntamento per l’indomani in mattinata. Ci daranno una interprete per recarci all’ufficio immigrazione per cercare di risolvere il problema dei visti.

Maciniamo chilometri, le strade sono buone e a fine giornata di chilometri ne avremo fatti 870. L’unico problema meccanico è determinato da una valvola che ogni tanto non chiude bene e provoca un fastidioso e preoccupante battimento. Prima delle 20:00 (ora locale) siamo già sistemati in un albergo ad Astana, poco distante dall’Ambasciata.

02 agosto 2009

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Partiamo di buon mattino, con tutte le migliori intenzioni di recuperare il tempo perduto. Purtroppo, un paio di chilometri prima di Dzhambul si staccherà il supporto dell’ammortizzatore posteriore destro, lato ruota, di David e Massimiliano. Raggiungiamo una officina, saldiamo e mettiamo due fazzoletti di rinforzo. Controlliamo anche l’altra Panda. Nella medesima posizione presenta anch’essa delle crepe. Saldiamo anche questa. Tempo necessario all’operazione: un’ora e mezza circa.

Quasi ottanta chilometri dopo anche gli ammortizzatori anteriori di David e Massimiliano non lavorano più. Ci fermiamo a controllare la pressione delle bombolette d’aria e scopriamo che si sono scaricate. Le portiamo a 8 bar. Cambiamo anche l’olio motore e ripartiamo.

Ad un posto di controllo della polizia incontriamo tre ragazzi inglesi con una Skoda. Il loro motore è finito, fasce elastiche o pistoni, credo. La loro avventura si ferma nel Sud del Kazakistan.

Proseguiamo. Circa 100 Km dopo David e Massimiliano dechapperanno l’anteriore destra. Causa il pessimo asfalto e l’alta temperatura, quasi metà copertura si staccherà senza però che la gomma si afflosci. Gli ultimi 200 km li facciamo a una velocità più sostenuta, intorno ai 100/110, schivando buche e i profondi binari che i camion hanno impresso sulla strada, profondi anche 30 centimetri.

Prima di arrivare in prossimità del lago Balkhash attraversiamo un enorme altopiano, da quel punto per 360 gradi tutt’attorno si ha la sensazione che l’orizzonte non finisca mai. Nessuna casa o altra costruzione umana visibile a rompere l’immensità di questa desertica steppa, solo alcuni cavalli che pascolano in libertà e un maestoso temporale lontano, a Nord Est, che mette in scena il suo spettacolo di fulmini nel crepuscolo. I suoni dei tuoni non riusciranno a raggiungerci.

01 agosto 2009

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Per la prima volta ci prendiamo una giornata tranquilla, non abbiamo più fretta e non dobbiamo più rispettare le restrittive date dei visti. Sempre per la prima volta ci concediamo il lusso di fermarci a pranzo in un tipico locale kazako. Mangiamo bene e spendiamo poco. Poi, trovato un fiume, ci accampiamo, ci laviamo e laviamo le macchine.

31 luglio 2009

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Una mattina splendida, anche se caldissima, Samarcanda è incantevole, bellissimi il Rajastan, sede del parlamento, le madrase e il mercato, un miscuglio di odori, gente e colori. La popolazione è molto cordiale e amichevole. Nel Kazakhstan i tratti somatici più diffusi erano quelli mongoli, qui nell’Uzbekistan invece, spiccano quelli persiani, molto più eleganti, quasi nobili. Peccato aver così poco tempo. Un Paese nel quale bisognerà assolutamente ritornare e dedicargli il tempo che merita.

Al ritorno, in autostrada, prendiamo una buca più profonda delle altre e, letteralmente, decolliamo. Ci fermiamo a controllare. L’atterraggio ha danneggiato l’ammortizzatore anteriore destro della macchina di David e Massimiliano. Temiamo non reggerà una nuova traversata del Kazakhstan. Vedremo, quando si romperà definitivamente lo sostituiremo con l’ultimo rimasto.

La seconda spiacevole sorpresa sarà quella di scoprire che, per un errore alla frontiera ci hanno annullato il visto sbagliato. Nonostante le nostre rimostranze saremo costretti a recarci ad Astana a richiedere un ulteriore visto d’uscita. Per fortuna è praticamente sul nostro itinerario previsto.

Alla frontiera facciamo amicizia con 4 ragazzi spagnoli che partecipano anche loro al MongolRally, ceneremo e faremo il campo per la notte assieme.