Un sentito grazie a tutti gli amici che sono venuti a salutarci alla festa di ieri. A presto!
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Il sito rimane attivo solo come memoria di un bellissimo viaggio-avventura. Non verrà più aggiornato.
Un sentito grazie a tutti gli amici che sono venuti a salutarci alla festa di ieri. A presto!
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Il 4 settembre, alle 13:50 saremo in diretta su Telequattro, intervistati in diretta dalla giornalista Micol Brusaferro.
Il video dell’ intervista trasmessa da Telequattro – Trieste (AVI)
Il video dell’ intervista trasmessa da Telequattro – Trieste (MP4)
Dalle 20:00 di sabato 5 settembre 2009 Vi invitiamo tutti a festeggiare con noi il raggiungimento degli obbiettivi che ci siamo prefissati: andare a Ulaanbaatar e ritornare a Trieste, con le nostre fedeli ed instancabili Panda.
L’ingresso è libero e aperto a tutti.
Sarà finalmente l’occasione giusta per indossare l’abito da cerimonia mongolo che sicuramente ognuno di voi ha nell’armadio.
Il luogo da raggiungere è presso la sede di ZampAuto a DuinoAurisina 5/e, Trieste.
Alle 8:00 del mattino saremo già usciti dall’Ucraina ed entrati in Ungheria. L’atmosfera diventa europea, anzi, mitteleuropea e quindi a noi molto familiare. Budapest ci accoglie con i suoi bei palazzi, il Danubio e il caotico traffico cittadino. Perderemo il contatto con l’altra Panda e ci metteremo un po’ a riunirci. Unico imprevisto della giornata. Seguiamo l’M7, l’autostrada da poco completata che ci porterà a Trieste attraverso la Slovenia. Poco più di 500 km, una passeggiata. Poco dopo le 18:00 saremo accolti dagli amici venuti a salutarci presso la sede di ZampAuto, lo sponsor che ci ha messo a disposizione le due Panda.
Dopo 40 giorni, 12 Paesi, 2 continenti, 7 fusi orari e quasi 22.000 Km percorsi, l’avventura finisce e si spengono i motori.
Ringraziamo tutti gli sponsor che hanno reso possibile questo viaggio e tutti gli amici che ci hanno aiutato e seguito anche attraverso le pagine di questo blog. Nei prossimi giorni pubblicheremo il materiale video-fotografico attualmente in corso di preparazione.
Al mattino ci prendiamo il lusso di fare una doccia vera, con tanto di acqua calda. Per questo ci metteremo in marcia più tardi del solito. Attraversiamo Kiev abbastanza agevolmente e ripercorriamo, in senso contrario, parte del percorso effettuato all’andata. Precisamente fino a Lviv, poi scenderemo verso Ciop, frontiera con l’Ungheria. Ci fermeremo a fare il campo a 150 chilometri dal confine. Non possiamo procedere a lungo dopo il tramonto, siamo senza luci e il tipo di lampadine usate dalle nostre Panda non siamo riusciti a trovarli da nessuna parte.
Ultima notte, salvo imprevisti, nelle nostre fide automobili. Domani, se alla frontiera non ci faranno perdere troppo tempo, arriveremo a Trieste. Mancano soltanto gli ultimi 1.000 chilometri.
Giornata decisamente più movimentata. Al mattino, dal mezzo di una lunga fila di camion che procedeva in direzione opposta alla nostra, sbuca all’improvviso un’automobile che si mette in sorpasso. Sulla strada, larga quanto una nostra statale, sterzo bruscamente a destra evitando l’impatto. Gli specchietti delle automobili vanno in frantumi, non ci fermiamo. Più avanti promuoveremo sul campo, con nastro isolante, lo specchietto interno a retrovisore laterale sinistro.
Nel pomeriggio, le vibrazioni che avvertiamo da qualche giorno sulla ruota di sinistra diventano imbarazzanti e ad ogni buca la Panda tira pericolosamente a lato. Ci fermiamo a sostituire l’ammortizzatore, il terzo da quando siamo partiti. David, Stefano e Massimiliamo lo sostituiranno in solo 15 minuti.
Passiamo Kursk, ultima città prima del confine con l’Ucraina e poco più avanti, a Kursciatov, ci ferma la polizia. Non vuole darci la multa, semplicemente non vuole farci procedere verso l’Ucraina. Non comprendiamo e chiediamo spiegazioni ma non ci capiamo, i poliziotti parlano solo russo e noi, no. Uno di questi chiama al telefonino una sua collega che parla un po’ d’inglese e ce la passa. Questa ci spiegherà che non possiamo passare per quel tratto di strada perché ci sono dei problemi con la centrale nucleare che si vede stagliarsi all’orizzonte. Dovremo ritornare indietro e fare un giro più largo. La natura dei problemi non la sappiamo, ci hanno solo detto che la centrale era stata chiusa e che per la nostra sicurezza non avremmo potuto transitare, ai locals non veniva però interdetto il passaggio.
Alla frontiere litighiamo con i funzionari di dogana ucraini perché vorranno del danaro per farci entrare. La spunteremo noi. Conosceremo anche un gentilissimo camionista sloveno, che fa abitualmente trasporto di collettame tra Rimini e Ural, il quale non solo ci illustrerà le migliori strade per giungere a destinazione, ma ci farà da apripista per i primi 50 chilometri d’ucraina. Cosa non banale a causa della chiusura di un ponte e degli asfissianti controlli di polizia.
Ci porterà pure a mangiare in una baracca lungo la strada, dove pasteggeremo con della buona carne, forse la migliore da quando abbiamo lasciato l’Italia. Ci consiglierà pure di bivaccare nel parcheggio custodito di una locanda adiacente. Camionisti, brava gente.
Dopo 6.000 chilometri di Russia e sei fusi orari, ormai manca solo l’Ucraina e l’Ungheria, sentiamo quasi l’aria di casa.
Giornata piatta, faticosa, paghiamo le tante ore d’automobile dei giorni precedenti. I chilometri avanzano troppo lentamente. Ci fermeremo a pranzo in un locale di passaggio e ricaricheremo un po’ le batterie. Chilometri mille, pure oggi. Il campo lo faremo a circa 180 km da Tambov.
Come d’abitudine si parte poco dopo l’alba, destinazione Ufa. La giornata scivola via tranquilla, raggiungendo anche oggi i mille chilometri percorsi. Avremmo potuto fare meglio se non fossimo rimasti bloccati a causa di un ponte con lavori in corso a Sym, Il senso unico alternato ha creato code chilometriche, di operai al lavoro sul ponte nemmeno l’ombra. Quando decideremo di trovare un posto adatto per il campo, ci fermerà la polizia contestandoci un sorpasso mai effettuato. Non avendo voglia di litigare, i poliziotti riusciranno ad estorcerci 20 Euro. Decidiamo di fermarci in un parcheggio per camionisti e ceneremo nel locale adiacente. A un certo punto della serata spunterà fuori un tipo a chiederci 100 rubli (circa 2,5 €) a macchina per il “parcheggio”. Questi taglieggiamenti sono all’ordine del giorno in Russia e rendono sgradevole il clima del viaggio attraverso questo Paese. Gli innumerevoli Moloch industriali di epoca comunista abbandonati alle periferie delle città, le ampie zone di foresta defoliata dalla pioggia acida, l’inquinamento, la sporcizia e i rifiuti abbandonati dappertutto, chiudono il desolante quadro di questa deprimente Russia, ancora troppo legata al vecchio modello sovietico e ansiosa di rincorrere, calpestando ogni regola, il modello capitalistico.
Da Novosibirsk verso Chelyabinsk, fine della Siberia. Le strade continuano ad essere buone, con alcuni tratti martoriati dall’incuria e dal traffico pesante. All’alba, freschi e riposati, i chilometri vanno via veloci. Esaurisco un pieno, quello successivo lo finirà Stefano, poi di nuovo io. Idem Massimiliano e David, le Panda, seppur di cilindrata differente, consumano in modo analogo. In prossimità di Omsk seguiremo i cartelli per Chelyabinsk ma le indicazioni saranno sbagliate e ci indirizzeranno su una strada che finirà sulla frontiera per il Kazakhstan. Forse i cartelli erano lì da prima del dissolvimento della CCCP e nessuno si è curato di toglierli. Non allungheremo di molto ma la strada che faremo per raggiungere la giusta direttrice risulterà disastrata, facendoci perdere un paio d’ore. Chiuderemo il bilancio dei chilometri a quota 1.000.
Dopo Krasnoyark finalmente le strade diventano migliori, alcuni brevi tratti sono addirittura a quattro corsie. Il traffico, al di fuori dei centri che attraversiamo, è scorrevole e rado. Il paesaggio diventa collinoso e degrada in ampie vallate. Le foreste lasciano il posto a vaste coltivazioni di grano e l’aria di questa parte della Siberia del Sud sembra meno fredda e tagliente. Direzione Novosibirsk. A fine giornata i chilometri percorsi saranno quasi 1.100.