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Trieste – Mongolia

12 agosto 2009

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Viaggiamo per enormi altopiani su quote differenti, ogni volta che scolliniamo e abbiamo la sensazione di essere in cima, ci aspetta in lontananza una nuova collina e un nuovo pianoro. Percorriamo piste parallele; senza avvederci queste divergeranno per chilometri e ci perderemo di vista. Ci ritroveremo solo grazie a un debole segnale radio e al buonsenso. La Panda di Stefano e Paolo rimarrà frenata a causa di un cavo del freno a mano rimasto inceppato. Problema di poco conto, subito risolto: freno a mano eliminato, accessorio inutile.

Il toule ondulé non ci da tregua, interrotto solo da buche o da pietre. Strade più adatte ai fuoristrada che a delle piccole Panda nate per il traffico cittadino. A Nord del lago Biincagaan Nuur troveremo un fiume a sbarrarci il passo. In un villaggio di gher, su un carretto trainato da un trattore, una Skoda del team “The incredible yeti”, sbiellata con rottura del blocco motore, vuota e già con ruote e altre parti cannibalizzate. Perdiamo parecchio tempo a cercare un guado possibile, lo troveremo parecchi chilometri più a Sud e si presenterà comunque avventuroso.

Verso le quattro del pomeriggio un nuovo rumore, tra i molteplici presenti nell’abitacolo, annuncia il cedimento del supporto dell’ammortizzatore posteriore sinistro, lato telaio. Questa volta sarà più grave della prima, perché si staccherà il perno con un intero pezzo di inscatolato. Siamo in mezzo al niente. Stefano smonterà l’ammortizzatore e faremo alcuni chilometri con velocità di punta di 30 chilometri orari. Fortunatamente il nulla non è mai così vuoto come sembra, una decina di chilometri dopo entreremo in un villaggio con quattro opere in muratura, una pompa di benzina, un pozzo, un market e delle gher. Qualcuno lavora su di un camion, buon segno. Chiediamo a gesti se avessero una saldatrice, c’è l’hanno. La struttura è in muratura, un lato serve d’abitazione, in mezzo un locale con due ingressi, uno verso la strada, uno verso un cortile interno e l’ultima parte dell’edificio ospita un market. Nel locale con due ingressi c’è un generatore, una saldatrice pesante, un trapano a colonna. Ci danno la saldatrice, David e Stefano si mettono all’opera, sanno già quello che devono fare, lo temevano dalla partenza, avendo individuato in questo supporto una delle parti più a rischio della Panda. Trovano un pezzo di ferro angolare, servirà a ricostruire la parte danneggiata. Mentre Stefano, David e Massimiliano si industriano a risolvere il problema io decido di andare a riempire una tanica d’acqua che teniamo sul tetto e che ci serve per l’igiene personale quotidiana. Chiedo al proprietario dell’officina, questi mi indica la moglie che mi accompagna nella casa e mi mostrerà un bidone semivuoto, una bambina di 5 o 6 anni mi prenderà per mano e mi condurrà al pozzo. Una piccola struttura in muratura. La bambina mi farà sedere su un abbeveratoio in pietra, dicendomi d’aspettare. Dopo alcuni minuti arriva una signora con un mazzo di chiavi, mi saluterà e si metterà ad armeggiare alla serratura della piccola costruzione. Ne sbucherà un tubo e metterà in moto un generatore. Dal grosso tubo l’acqua sgorgherà copiosa, la bambina e altri suoi coetanei litigheranno per avere l’onore di riempire la tanica e di annegare me, visto che strattonandosi il tubo, l’acqua andava in ogni dove. Riempita la tanica chiedo alla signora quanto le debba. Sulla sabbia mi scrive 500, l’equivalente di circa 33 centesimi di euro. Pago. Lascio la tanica al pozzo e vado a prendere l’automobile. Quando ritorno a prenderla, il paese che sembrava deserto, ha ripreso vita. Il generatore è rimasto in funzione. Dei cani bevono all’abbeveratoio, molti, con contenitori disparati, corrono a riempirli, una ragazza, in mezzo alla piazza, con un secchio riempie una specie di imbuto legato su di un palo e si lava i capelli. Due bambini portano una tanica, più grossa della mia, verso casa. Io, da viziato occidentale, ho chiesto 30 litri d’acqua, come fosse una cosa ovvia. Non lo era. I nostri 33 eurocent hanno rifornito d’acqua l’intero paese per almeno un paio di giorni. La riparazione porterà via parecchio tempo e i lavori finiranno solo al tramonto. Dopo aver pagato, ringraziato per l’accoglienza e scattato le foto di rito, ci allontaneremo dall’accampamento delle gher per fare il campo per la notte pochi chilometri più avanti.

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