Giornata decisamente più movimentata. Al mattino, dal mezzo di una lunga fila di camion che procedeva in direzione opposta alla nostra, sbuca all’improvviso un’automobile che si mette in sorpasso. Sulla strada, larga quanto una nostra statale, sterzo bruscamente a destra evitando l’impatto. Gli specchietti delle automobili vanno in frantumi, non ci fermiamo. Più avanti promuoveremo sul campo, con nastro isolante, lo specchietto interno a retrovisore laterale sinistro.
Nel pomeriggio, le vibrazioni che avvertiamo da qualche giorno sulla ruota di sinistra diventano imbarazzanti e ad ogni buca la Panda tira pericolosamente a lato. Ci fermiamo a sostituire l’ammortizzatore, il terzo da quando siamo partiti. David, Stefano e Massimiliamo lo sostituiranno in solo 15 minuti.
Passiamo Kursk, ultima città prima del confine con l’Ucraina e poco più avanti, a Kursciatov, ci ferma la polizia. Non vuole darci la multa, semplicemente non vuole farci procedere verso l’Ucraina. Non comprendiamo e chiediamo spiegazioni ma non ci capiamo, i poliziotti parlano solo russo e noi, no. Uno di questi chiama al telefonino una sua collega che parla un po’ d’inglese e ce la passa. Questa ci spiegherà che non possiamo passare per quel tratto di strada perché ci sono dei problemi con la centrale nucleare che si vede stagliarsi all’orizzonte. Dovremo ritornare indietro e fare un giro più largo. La natura dei problemi non la sappiamo, ci hanno solo detto che la centrale era stata chiusa e che per la nostra sicurezza non avremmo potuto transitare, ai locals non veniva però interdetto il passaggio.
Alla frontiere litighiamo con i funzionari di dogana ucraini perché vorranno del danaro per farci entrare. La spunteremo noi. Conosceremo anche un gentilissimo camionista sloveno, che fa abitualmente trasporto di collettame tra Rimini e Ural, il quale non solo ci illustrerà le migliori strade per giungere a destinazione, ma ci farà da apripista per i primi 50 chilometri d’ucraina. Cosa non banale a causa della chiusura di un ponte e degli asfissianti controlli di polizia.
Ci porterà pure a mangiare in una baracca lungo la strada, dove pasteggeremo con della buona carne, forse la migliore da quando abbiamo lasciato l’Italia. Ci consiglierà pure di bivaccare nel parcheggio custodito di una locanda adiacente. Camionisti, brava gente.
Dopo 6.000 chilometri di Russia e sei fusi orari, ormai manca solo l’Ucraina e l’Ungheria, sentiamo quasi l’aria di casa.