Finalmente il link “dove siamo?” che trovate nella barra a destra, funziona. Meglio tardi che mai.
Le complicazioni previste non tardano a palesarsi. Facciamo spola da un ufficio all’altro a causa del visto scaduto. Alle 14 (ora locale, più 4 rispetto all’Italia) avevamo finalmente sbloccato la situazione per uscire dal Kazakhstan. Questo significa che dovremo, a malincuore, rinunciare alla visita a Bukara, concederci solo una rapida occhiata a Samarcanda e rientrare domani in Kazakhstan per dirigerci verso la Russia.
Ci svegliamo di buon ora. Quando siamo sicuri di farcela a passare il confine, trovato un bel fiume, ci concediamo un bagno e laviamo un po’ di panni sporchi. La polizia ci fermerà a Chimkent, dietro la minaccia del sequestro dei veicoli ci rapinerà 50$ per lasciarci andare, pochi km dopo ci fermerà un’altra pattuglia, questa volta ce la caviamo con 5$. Sono stati gli unici casi di questo tipo capitatici in Kazakhstan.
Arrivando al confine internazionale di Taskent ci aspetta una amara sorpresa: chiuso per lavori in corso. Dei locali ci dicono che è aperto quello di Almalyk, 85 Km dopo.
Quando arriveremo quest’ultimo confine sarà chiuso, riaprirà il mattino seguente. Questo è un guaio, già in ritardo di un giorno sulla tabella di marcia prefissata e con il visto in scadenza con data 29 luglio, si prevedono complicazioni.
Sostituiamo gli ammortizzatori ma perdiamo molto tempo a trovare benzina. Proseguiamo verso Sud, verso l’Uzbekistan. Oggi sarebbe stata la data prevista per l’ingresso in questo Paese. Non ce la faremo. Ci fermeremo a circa 600 KM dal confine.
La noia del giorno precedente è un pallido ricordo. Man mano che scendiamo le strade peggiorano sempre più: buche, asfalto deformato, lunghi tratti da percorrere su pista o per lavori in corso o perché la strada diventa impercorribile. Anche l’ammortizzatore di sinistra ci saluta definitivamente con rumori sinistri e uno schizzo d’olio che non lascia dubbi.
Il paesaggio diventa desertico e le temperature superano i 35 gradi. Le aquile si mettono a scrutare il poco traffico dai bordi della strada, non scappano se passiamo vicino loro con l’automobile e si fanno guardare da vicino.
Siamo in Kazakhstan, attraversiamo Uralsk, prima città e ci dirigiamo a Sud. Belle strade lisce rettilinee a perdita d’occhio, monotone e noiose.
Da Saratov verso il confine con il Kazakhstan. Nell’ultima parte della Russia decidiamo di evitare di risalire verso Samara per poi ridiscendere verso il confine, scegliendo strade secondarie più dirette. Ci perderemo per sterminati campi di grano e girasole. L’unica cartina a nostra disposizione è la World Map di Garmin. Praticamente inutile. Gli sterrati, una delle due Panda, quella di Stefano e Paolo, li affronta con una certa difficoltà. L’ammortizzatore destro non funziona più, quello di sinistra poco.
Arriveremo al confine in tarda serata. Le operazioni di ingresso in Kazakhstan ci prenderanno 3 ore.
Partiamo di buon mattino da Gubkin, direzione Saratov. Attraversando Boromez notiamo una concessionaria Fiat e ci fermiamo per vedere se per caso avessero una pompa dei freni. Quando hanno capito da dove venivamo e dove eravamo diretti, ci hanno dato tutto l’aiuto possibile. A nostra disposizione avevamo due meccanici, il capo officina e una bella ragazza che ci ha fatto da interprete dall’inglese. La Panda non è mai stata importata in Russia, però la pompa è molto simile a quella di una Lada. Praticamente identica ma coni tubi per l’olio dei freni con innesti di passo diverso. Per questo non la montiamo subito, ma la prendiamo con noi. Due ore di verifiche varie con i loro meccanici, la pompa e i tubi, per una spesa di Euro 10.
Sarà notte quando attraverseremo Saratov ammirando la vastità del Volga
Percorriamo gli ultimi 300 km di Ucraina ed arriviamo sul confine. L’ingresso in Russia ci costerà quasi 4 ore, di cui una e mezza persa a cambiare Rubli, stipulare una assicurazione per uno dei mezzi con carta verde scoperta per la Russia e a fare fotocopie dei vari documenti a loro necessari. Siamo piuttosto stanchi e prendiamo un albergo o a Gubkin. Abbiamo bisogno di una doccia vera.
I punti sulla cartina che che noi pensavamo segnassero piccoli centri, in realtà sono città estese e con numerosi abitanti.
Le Panda si stanno comportando benissimo. Complice una temperatura che di giorno è intorno ai 25° e l’assenza di salite, i problemi di temperatura sono scomparsi. David, con l’altra Panda ha invece dei problemi con la pinza dei freni che non ritorna indietro. Dovremmo trovare da qualche parte una pompa dei freni.
Prima di partire abbiamo levato marca e modello dalle automobili, per fare spazio agli adesivi degli sponsor. Tutti ci chiedono che tipo di vettura sia la nostra. Da noi conosciuta anche dai sassi, qui assolutamente ignota a tutti, anche alla polizia dei confini.
I 50 chilometri mancanti ci costeranno due ore buone, causa strade disastrate e traffico caotico a L’Viv. Prendiamo la prima multa per eccesso di velocità. Contrattando arriviamo a quaranta dollari e due magliette. I cantieri sulle strade si susseguono continuamente e interrompono la marcia con frequenze di pochi chilometri. Per fare 150 KM ci mettiamo quattro ore. Arriviamo finalmente a Kiev, una città moderna, ricca e bellissima, in netto contrasto con il resto del Paese, rurale e povero. Non abbiamo tempo per fermarci, siamo in ritardo sulla tabella di marcia. Ci fermeremo a dormire lungo la strada in una area di sosta, parecchi chilometri dopo Kiev.